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Paria Canyon/The Wave and Toadstools, Arizona - USA
United States of America flag Arizona | USA

paria canyon "the wave" and toadstools

 
Latitude - 36° 59' 47'' N / 37° 06' 10'' N
Longitude - 112° 00' 22'' W / 111° 52' 18'' W
 
"Yes there are two paths you can go by
But in the long run
There's still time to change
The road you're on
And it makes me wonder
"
Led Zeppelin
   
september 2006

Coyote buttes, in cammino verso l'ignoto

soundtrack: The Sound of Silence, Simon and Garfunkel - 1966
 

Chapter

Oggi è il grande giorno. In programma non ci sono passeggiate di piacere nella piazza di Tlaquepaque a Sedona o vista point rilassanti tipo l’Horseshoe Bend a sud di Page. Oggi facciamo rotta alla famosa “the wave”, nella sezione North di Coyote Buttes. Si tratta di una piccola gemma, molto pubblicizzata, ma pochissimo visitata ad un’ora di auto da Page. Ma forse è meglio fare un passo indietro e spiegare il perché di tutta questa esclusività. The Wave è una piccola area all’interno dell’area naturalistica del Paria Canyon – Vermillion Cliffs Wilderness, raggiungibile percorrendo la US89 in direzione Kanab. Per potervi accedere occorre richiedere i permessi all’ufficio del BLM (Bureau of Land Management), tramite il loro sito, molti mesi prima. Ma non è così facile, anzi; il BLM per preservare il delicato ecosistema e soprattutto per conservare il già fragile ecosistema di “the wave” ammette solamente dieci persone al giorno. In pratica se si va ad orari diversi è facile non incontrare nessuno per la strada, da panico. La prenotazione va fatta il primo giorno dei quattro mesi antecedenti la visita, alle ore 12.00 “mountain time”, mediante un modulo internet.

Fino a qui sembrerebbe tutto molto semplice, ma non lo è. Se si viaggia in agosto occorre quindi prepararsi alle nove di sera del primo aprile a prenotare, ma occorre farlo in fretta; i “permits” vengono infatti messi a disposizione solo allo scadere di quell’ora, ma restano disponibili per pochi minuti. Quindi se capita di collegarsi alle nove e qualcosa, sicuramente troverete solo il “sold out” per la data desiderata. L’ultima possibilità è presentarsi all’ufficio BLM a metà strada tra Kanab e Page al mattino presto; infatti il ranger effettua tra i richiedenti una piccola lotteria con pochi ticket extra. Questo fa già capire il perché “the wave” sia considerato più che esclusivo. Ma le difficoltà non si limitano solamente alla fase di prenotazione; se si decide di visitare Coyote Buttes in estate, occorre mettere in conto che l’escursione possa saltare a causa dei possibili e probabili acquazzoni. Infine bisogna valutare la componente fisica; l’escursione consta di circa tre miglia di sabbia, roccia viva e scollinamenti con serpenti un po’ ovunque. Questo è il doveroso preambolo, rivolto soprattutto a tutti coloro che credono di improvvisare escursioni impegnative sotto molteplici punti di vista. Ma torniamo a Page; la sveglia impietosa suona ad un orario poco vacanziero, però occorre essere molto presto all’ingresso di Coyote Buttes onde evitare i tradizionali “showers” di mezzogiorno. Emozionati come due bambini carichiamo tutto il materiale in auto, ricontrolliamo gli zaini e partiamo; a dire il vero sembriamo, almeno io, due pellegrini allo sbaraglio. Le borracce le abbiamo trovate la sera prima ad un Walmart in chiusura, senza capire come si faccia a tenerle fredde; anche l’acqua è stata acquistata all’ultimo minuto, mentre gli zaini non sono proprio da trekking. Dulcis in fundo devo trovare a quest’ora del mattino un negozio che mi venda un cappello, altrimenti brucerò quel poco che ho. Passiamo la “Glen Canyon Dam” e ci tuffiamo nella lunga e stupenda US89 in direzione Utah. Percorrere questa strada è come tuffarsi dentro un documentario; sulla destra splende sotto i colori vivi del mattino il Lake Powell incorniciato dalle alte mesa del Glen Canyon; dopo pochi minuti ci troviamo attorniati dalle Vermillions Cliffs sulla sinistra e dagli altipiani del Grand Staircase – Escalante sulla destra. Meraviglioso, emozionante. Avrò guadato queste strade migliaia di volte sulle guide, sulle mappe e sui software di Google Maps; trovarmi qui mi sembra così irreale, forse perché da tanto lo sogno. A metà del nostro tragitto attraversiamo un piccolo agglomerato di case e container dal nome Big Water; subito la memoria mi lancia ai consigli di Carlo; da questa parte inizia infatti la ruvida strada che porta alla sommità di Romana Mesa – Alstrom Point. Se oggi sopravvivo, domani mi lancio in questa escursione; le immagini da Romana Mesa del Lake Powell sono esagerate, ma una cosa alla volta.

Già il pensiero che tra poco sarò alle prese con “the wave” mi fanno stringere lo stomaco; in fondo, oltre ai viveri e al gps, ho solo un’umile mappa fornita dal BLM; ma non so se il percorso sia facile da seguire e soprattutto come farò a tornare indietro visto che le foto allegate alla mappa sono solo per l’andata? Meglio che non riveli tutti questi dubbi alla Babi, già terrorizzata di essere divorata da qualche rattle snake assassino, e continui ad esibire un rassicurate sorriso. Da brava “Giovane Marmotta” mi fermo lungo la strada all’ufficio del ranger giusto per informarmi, come da protocollo, sulle condizioni meteo e dell’escursione. Il ranger, un austero vecchietto, mi ricorda subito che il trail è molto faticoso e soprattutto si accerta che abbia i viveri ed il materiale necessario per l’orientamento. Baldanzoso, all’esterno, mi vanto con la Babi per la splendida forma e organizzazione con cui mi presento all’onda; ma in verità non so nemmeno se ho preso su le batterie cariche per il gps. In poco tempo raggiungiamo un piccolo bivio con un cartello che indica Coyote Butte; inizia una strada sterrata, ricca di guadi asciutti e di sassi appuntiti che ci fanno zigzagare per una interminabile mezz’ora. Ma eccolo là, il famoso parcheggio da dove parte il trail. Forse, abituato al turismo sfrenato di Page, lo spiazzo con una sola auto ferma incute un certo timore. Il primo pensiero che mi passa in mente è “ma se ho bisogno, a chi chiedo visto l’affollamento?”. Forse il cielo capisce e provvede; una vecchia utilitaria targata “NYC” emerge dal polveroso sterrato; dal suo interno, adibito a metà tra una guardaroba improvvisato e una rimessa per attrezzi da rocciatore, esce un ragazzo. Va veri socializzatori salutiamo nella speranza di allargare il party diretto; ma dopo qualche minuto ci accorgiamo che è ancora alle prese con attrezzature e vivande. Decidiamo che è meglio partire soli, il tempo passa e sappiamo che per l’ora di pranzo dobbiamo fare rotta verso casa. Iniziamo con il primo waypoint, molto ben dettagliato sulla mappa; in fondo si tratta di camminare nel letto asciutto di un torrente. Per asciutto intendo asciutto, anche se per un momento provo ad immaginare cosa potrebbe diventare quest’ansa con un improvviso flash flood. Pochi minuti e cominciamo realmente il percorso, con il primo scollinamento. Una breve, ma ripida, ascesa fatta sulla sabbia rossa delle Vermillions Cliffs e ci si apre davanti a noi tutto il panorama. Una paesaggio duro, fatto di piccole buttes che affiorano tra lastre di roccia viva e piccoli accumuli di sabbia; provo a vedere se già vedo l’onda, ma sinceramente, a parte le belle foto di Pier, non saprei dove guardare.

Proprio mentre puntiamo al seguente punto della mappa, ci si affianca Bob, il ragazzo che abbiamo intravisto nel parcheggio. Capisce al volo che stiamo “navigando a vista” e con molta classe si offre di unirsi al nostro gruppo; una fortuna sfacciata. Noto subito come scelga traiettorie alternative, che mai avrei intrapreso. Ma in questo modo ci evita i percorsi sabbiosi, che generano ansia data la sovente presenza di rettili. Chiacchierando nell’ora di tragitto scopriamo che Bob non è lì per svago, ma per lavoro. Nell’ultimo mese ha percorso quasi ogni giorno quell’itinerario perché è un ricercatore della Nasa; ci spiega infatti che poco oltre l’onda c’è una zona utilizzata dall’Agenzia Spaziale Americana per studiare la conformazione delle rocce, molto simili per struttura a quelle di Marte. La sua compagnia è molto piacevole, ma soprattutto la sua esperienza su un terreno davvero simile a Marte ci rassicura per tutto il tragitto. Il panorama lungo il trail è davvero duro; qualche butte in lontananza, tanta roccia, nemmeno un cairn segna passo, ma soprattutto tanti piccoli cespugli che puntellano alcune zone sabbiose. Ad un certo punto capiamo che l’onda si sta avvicinando; Bob ci indica una ripida salita in lontananza, costituita in prevalenza da una rampa sabbiosa, dove sopra vediamo due persone che faticosamente la stanno affrontando. Ma Bob, guardando lo sguardo attonito di Barbara, ci fa prendere una scorciatoia, meno faticosa, ma più ripida perché fatta di terrazzamenti di roccia. Pochi passi e siamo in cima a questa specie di collina, forse più somigliante ad un piccolo altipiano in mezzo al nulla. Ma dove diavolo è quest’onda? Di colpo vediamo Bob fermarsi sotto un grosso masso roccioso, alla ricerca di un po’ d’ombra dove possa bere e mangiare qualcosa. Lo raggiungo e mi accorgo dal suo sorriso che siamo arrivati; quel grosso masso non è altro che l’ingresso in una piccola gola ad una delle formazioni rocciose più curiose che abbia mai visto. Un piccola conca di pochi metri di diametro è il teatro di uno spettacolo disarmante; il terreno s’incurva su se stesso in un’armonia di colori impressionante; la roccia ha tante piccole nervature che sembrano mostrare come anche la terra possa avere un proprio sistema linfatico. Strabiliante. Pareti segnate da piccole creste con i colori rosso, arancio e giallo corrono ovunque. E’ stata davvero una faticata, ma credo sia una di quelle giornate che da sole valgono un viaggio. Ci accorgiamo che le due persone che prima vedevamo sulla salita sono già sulla via di ritorno. Come, fare tutta quella strada per stare pochi minuti? Ho visto queste immagini talmente tante volte e altrettante volte ho sognato di essere qui, non mi sembra nemmeno vero. Intanto Bob ci saluta e ci invita, se abbiamo voglia e la forza, sulla cima della mesa dietro all’onda dove resterà fino a sera nelle sue ricerche. Lo ringraziamo di cuore per averci preso come “zavorra” nella sua traversata; ma rimaniamo stupiti quando lui ci ringrazia per avergli fatto compagnia, data la solitudine del luogo. Resta il fatto che abbiamo l’onda tutta per noi, da non credere. Posso montare il cavalletto e sbizzarrirmi nel fare tutte le foto che desidero senza soggetti indesiderati nell’obiettivo.

E’ difficile spiegare a parole ciò che può la natura; una cosa è sicura, ogni volta riesce a stupirmi. A pochi minuti di camminata dall’onda troviamo una piccola zona chiamata “second wave” meno appariscente della prima, ma altrettanto interessante. Due piccoli avvallamenti fatti di colori giallini e rosa che seno meno accesi della sorella maggiore, ma che sono ancora più esclusivi. Siamo praticamente da soli in un’area immensa, con un silenzio disarmante. Nella mia vita poche volte mi è capitato di ascoltare il rumore del mio respiro; qui è possibile. Il sibilo del vento che corre veloce nelle piccole gole della mesa viene intervallato dagli strilli di qualche rapace che, forse troppo ottimista, ci vola ogni tanto sopra. Giusto il tempo di mangiare qualcosa all’ombra dell’onda e ci accorgiamo che è appena passato mezzogiorno; come un brutto presagio il cielo in lontananza comincia a macchiarsi di qualche nuvola. E’ il segnale che la festa sta finendo, meglio raccogliere tutto e mettersi in marcia. Lasciare un luogo così magico e particolare è davvero difficile, ma i rischi di prolungare la permanenza sono troppi; è già andata bene così, meglio non calcare la mano. Zaino in spalla ci lasciamo scivolare lungo la rampa sabbiosa che avevamo evitato all’andata; la strada è lunga e il caldo pressante comincia a fiaccare le gambe. Il bello di viaggiare con una “guida” rubata sul posto è che puoi conversare e ammazzare il tempo del tragitto; ma errore di chi non è avvezzo con le escursioni è poi di non prendere punti di riferimento lungo l’andata. Il paesaggio è infatti uniforme, monotono tale da creare tanti falsi percorsi. Il navigatore di Pier qui si rivela in tutta la sua utilità, evitandoci di pernottare per qualche giorno sotto un cespuglio nella sezione North di Coyote Buttes, anche se poi la difficoltà sta nel capire in quale punto sia meglio attraversare una landa oppure quale sia il sentiero più easy per scollinare. Per più di una volta, lungo il percorso, ci dobbiamo fermare per capire se il gps indichi qualche galleria di recente costruzione dentro al monte, oppure se dobbiamo arrampicarci per poi ridiscendere. Comunque dopo un paio di giri a vuoto intorno ad una collina, raggiungiamo stremati e senza più acqua l’auto; che esperienza, che fatica e soprattutto che fortuna. Il cielo comincia ad oscurarsi piano piano e in lontananza si odono i primi vagiti di un temporale, puntuale come un orologio svizzero; tutti i pomeriggi, verso del due il meteo cambia anche in modo improvviso e lascia il posto a possibili temporali nell’Arizona Strip. Ma poco male, siamo già facendo rientro a Page; avevo in programma altre mete per il pomeriggio, ma la stanchezza è veramente troppa. Ora sogno solo un bel gallone di acqua fresca e un lettino a bordo piscina, in fondo siamo “anche” in vacanza; ma soprattutto non voglio in nessun modo “inquinare” questa giornata meravigliosa. Domani vedremo il da farsi.

  giottoGiotto

 

   
   
 
informazioni

I documenti per poter visitare gli Stati Uniti, o anche solo transitarci per mete successive, variano continuamente. Esistono varie tipologie di passaporti in circolazione, quindi prima di prenotare il viaggio è saggio - le dogane sono rigidissime in materia di formalità burocratiche - informarsi se quello in nostro possesso è adeguato alle vigenti norme. In aggiunta, dal 2009, è stato introdotto un ulteriore modulo, compilabile su form elettronico, l'ESTA. Qui di seguito i riferimenti dell'ambasciata americana.

AMBASCIATA AMERICANA go to...

Modulo elettronico esta go to...

Ulteriori informazio su Viaggiare Sicuri go to...

clima e fuso orario
Il comprensorio del Lake Powell è caratterizzato da un clima primaverile ventoso e molto fresco, mentre l'estate è assai calda e costellata di temporali pomeridiani. I mesi migliori per visitare le numerose meraviglie sono maggio, giugno e settembre. Lo Utah ha rispetto all'Italia un fuso orario di -8 ore.
 
cosa vedere - cosa fare - QUANTO STARE
Page, al pari di Moab nello Utah, è una cittadina creata a misura dei turisti, ma che offre un comprensorio di bellezze naturali difficilmente eguagliabile sul pianeta. Stilare un periodo minimo di soggiorno è davvero arduo, posso solo dire due settimane non sarebbero sufficenti a vedere bene tutto. Le visite delle due sezioni di ANTELOPE CANYON occupano insieme mezza giornata, come un paio d'ore la occupa HORSE SHOE BEND. I tempi si allungano ad una giornata intera per l'escursione in barca a RAINBOW BRIDGE o alla navigazione del LAKE POWELL; lo stesso discorso e stessi tempi se si vuole visitare "the WAVE". Una giornata intera anche per raggiungere ROMANA MESA.
dove dormire

L'afflusso turistico a Page è enorme, per le piccole dimensioni della cittadina. Molti turisti, per fortuna, transitano solo in giornata per poi proseguire i classici tour mordi e fuggi. Ciò non toglie che le camere a disposizione non siano tante. Gli hotel nascono in continuazione, quindi è inutile indicarne uno invece che un altro, anche perchè chi si reca a Page solitamente si dedica ad attività all'aperto, usando la camera per lo stretto necessario.

 
photo gallery
Paria Canyon - Coyote Buttes 'second wave' - Arizona - United States of America
Paria Canyon - Coyote Buttes 'second wave' - Arizona - USA
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Paria Canyon - Coyote Buttes 'the wave' - Arizona - United States of America
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Toadstools on UT89 - Utah - United States of America
Toadstools on UT89 - Utah - USA
Mappa