Oggi sveglia anticipata e subito una bella passeggiata mattutina in direzione noleggio auto. L’aria è fresca, ma quando esco dal cono d’ombra delle minute e colorate abitazioni il sole scalda tantissimo. Camminando alla volta della Hertz mi permetto di curiosare sul come si vive quassù al nord; Islanda, Svezia, Finlandia si contendono ogni anno la vetta statistica di Paese più felice al mondo. In effetti, nonostante la loro recente crisi finanziaria e le peripezie vulcaniche, la gente è sempre molto sorridente e non si sente nell’aria quello stress ormai di casa nel Belpaese; forse sarà che in vacanza si percepisce tutto in modo ottimistico, o forse no. Ecco la mia piccola vettura, una minuta Yaris che mi auguro resista a tutti i percorsi che ho intenzione di sottoporle; l’optimum era un fuoristrada, ma la cifra di noleggio era più che doppia. Vuole dire che per i percorsi inaccessibili alla categoria della mia vettura — per la precisione le piste precedute dalla lettera 'F' — mi avvarrò di tour guidati noleggiati in loco. Guidare dentro Reykjavik è uno spasso, traffico quasi inesistente e strade ampie. Recupero la mia dolce metà e soprattutto le valige, menù del giorno il “circolo d’oro”. Prima fermata di questo grande anello di bellezze islandesi è il parco nazionale di Thingvellir, patrimonio dell’Unesco. La strada che devia da Mosfellsbaer corre solitaria sopra un grande altipiano, tutto immerso in sconfinati pascoli dove il forte vento ne spettina in modo magnifico l’erba. Un vista point costellato da una miriade di teeppes incornicia, con il grande lago Thingvallavatn (il più grande del Paese), il parco in lontananza. I panorami che stiamo vedendo, in così pochi km di strada, sono strabilianti; le peculiarità dei paesaggi costieri sembrano ormai lontanissimi. Pochi secondi per lasciare l’auto a fianco del visitor center e imbocchiamo la discesa tra due alte pareti che evidenziano in modo netto il rift che separa i continenti americano ed europeo. In fondo alla vallata una piccola chiesa e delle nordiche casette in legno identificano il luogo dove fu fondato uno dei primi parlamenti al mondo; da qui l’importanza di questo parco per tutti gli islandesi (thing = parlamento e vellir = pianura).
Degli agevoli percorsi pedonali ci conducono alla base della cascata Oxarafoss; sembra cadere dal nulla, visto che non ci sono vette in prossimità. E’ una vallata che sa di magico, un luogo incantato fatto di piccoli stagni, cascate e canyon profondi. Proprio la gola più marcata, l’Almannagja, campeggia al centro del parco evidenziando in modo marcato come viviamo quotidianamente su immense zattere, appunto i continenti. Qualche ora è sufficiente per ammirare la bellezza del parco e respirare l’atmosfera della storia islandese, ma ci sono comunque piste di trekking che se percorse interamente possono portare via giornate e giornate. Riprendiamo l’auto, direzione la vallata di Haukadalur dove ci sono i famosissimi geysir. La strada è sempre magnificamente tenuta e guidare in questo paesaggio premontano è piacere puro; il meteo anche oggi sembra regalarci grosse soddisfazioni e data la variabilità solita dell’Islanda non possiamo che ritenerci molto fortunati. E’ assai difficile perdersi in questa zona, molto ben segnalata e servita da numerosi bus che fanno la spola tra Reykjavik e gli spot più famosi del circolo d’oro. In lontananza s’intravede un pendio costellato di fumarole, dovremmo quindi esserci. Il tempo di parcheggiare e facciamo l’incontro con l’odore solforoso dell’aria, in pratica un perenne aroma di uova marce; non c’è speranza di mettersi sopravento, tutta l’area è un enorme caldera molto attiva. Un piccolo percorso conduce al campo dei geysir, ma nel tragitto un paio di fumarole fischiano come pentole a pressione. Sicuri che qua non saltiamo tutti in aria? La pressione sotto la crosta dev’essere notevole, perché il soffio d’aria è ininterrotto e assordante. Un piccolo gruppo di turisti è come paralizzato con le macchine fotografiche allineate ad un grande foro nel terreno, dove l’acqua bolle nervosa; pochi istanti e i clic immortalano l’enorme scia di acqua che si leva al cielo. Grandiosa. Lo spettacolo si ripete ogni manciata di minuti, lasciando il tempo a tutti di fissare su memory card la colonna di acqua e vapore; il suo slancio non è mai regolare, mentre il vento che soffia a raffiche spesso innaffia sfortunati visitatori.
Il secondo e ben più potente geysir invece è un po’ che non dà segni di vita, ma qualcuno si apposta per qualche minuto nella speranza dell’esclusività del momento. Il terreno è saturo di zolfo, fornendo delle sfumature giallo arancioni al limite della credibilità. L’Islanda ha dei contrasti cromatici indescrivibili; dove finisce il verde del muschio inizia il blu del cielo, dove s’interrompe la terra rossa e ocra s’incontra una striatura gialla di zolfo. E’ una sosta veloce, non tanto quanto quelle dei day tour che scaricano confusi turisti giusto il tempo di due eruzioni del geysir. Noi ci fermiamo invece ad assaporare un po’ di torta di mele nel bar adiacente; in Islanda i dolci secchi sono eccezionali, con buona pace di diete e rigori alimentari. Un incandescente tè verde ci rimette al mondo; oggi, nonostante il sole, il vento pungente dei vicini ghiacciai ci sta mettendo a dura prova. Si riparte, infreddoliti e con un aroma di zolfo, addentrandoci verso l’interno del Paese; continuiamo a percorrere la vallata dell’Haukadalur. Sulla nostra sinistra una solitaria catena montuosa funge da ideale catino ad un ghiacciaio, una visione surreale. Ancora pochi minuti di auto e giungiamo a destinazione, Gullfoss la cascata dorata; una comoda pedana in legno conduce verso il bordo del fiume Hvita e tutta la cascata è avvolta da una sottile polvere di umidità. Un grande arcobaleno orla tutta la vallata, andando a morire proprio nel salto di Gullfoss. Lo spettacolo è indescrivibile, accompagnato da un boato continuo che imprime negli occhi la potenza della natura; e noi umili visitatori ci limitiamo unicamente a tentare di racchiudere in qualche scatto la sua maestosità. Un doppio salto, intervallato da una piccola penisola rocciosa; in quel punto sembra che il fiume voglia inghiottire tutto e tutti, che meraviglia. Il senso di impotenza è inaudito, con il pavimento roccioso della sponda che trema come imprigionato da un terremoto perenne. Lentamente i raggi del sole cominciano a impattare sulla parete del canyon, mettendo in ombra le acque del fiume che improvvisamente diventano scure e minacciose.
Si, perché le cascate sono meravigliose, ma di notte devono essere inquietanti. Questa alta mesa, se non sapessi che sono in Islanda, mi farebbe pensare al southwest americano; oppure avrei potuto affermare anche il contrario, perché la natura del nostro pianeta è un filo continuo che non s’interrompe dentro i confini artificiali di uno Stato. Il circolo d’oro è un bel giro, semplice ma al tempo stesso offre tante sfaccettature di questo Paese. Ora bisogna far rotta verso il nostro hotel, che ho trovato ad Hella. Lungo la strada riusciamo a far un paio di soste a paesaggi che meriterebbero ben più dei pochi minuti a disposizione, ma soprattutto facciamo uno stop al cratere del vulcano Kerid; una semplicissima passeggiata ci fornisce un assaggio di ciò che dovremmo vedere in modo più esaustiva e scenografica intorno al lago Myvatn. Hella è minuscola, ma dovrò abituarmi a micro comunità al di fuori di Reykjavik. Per un verso questo silenzio mi piace, mi ricorda la quiete namibiana, grande compagna di viaggio. La scelta serale del luogo dove cenare è forse l’attività più semplice in Islanda; quando va bene c’è una tavola calda, in alternativa lo stesso albergo allestisce cene a buffet. Pochi giorni che siamo al nord, e devo ammettere che il cibo non è male; pesce affumicato o bollito, zuppe con aragoste o verdura, agnello o maiale. Bisogna sempre stare attenti agli eccessi di burro o panne, aggiunti come fossero prezzemolo in tutte le pietanze, dalla colazione, alle zuppe, dalla carne al pesce. Fa un certo effetto cenare in tarda serata e vedere dalla finestra che il sole è ancora immobile all’orizzonte. Ma ora è meglio dormire un po’, domani ci aspetta l’incontro con il vulcano che ha paralizzato nientemeno che il pianeta Terra.
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giotto |
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