La crisi economica in questo spicchio di pianeta sembra davvero una parola sconosciuta. Il molo di Ban Sala Dan a Koh Lanta è un via vai costante di turisti, ma nulla in confronto al caos di Phi Phi; un traghetto proveniente da Phuket ha appena sbarcato decine di potenziali clienti, ma i soliti ragazzi che dovrebbero proporre, catalogo alla mano, le camere delle loro strutture, continuano a scherzare e chiacchierare tra di loro. Vuol dire che forse non ne hanno bisogno, evidentemente la stagione sta andando meglio del previsto. Il nostro speed boat, ovvero un classico fuoribordo da una dozzina di posti, fa il suo ingresso nello stretto tra le due isole gemelle di Lanta. In men che non si dica facciamo rotta verso Koh Ngai, un’isola che ho voluto fortemente dopo aver letto i commenti su internet di alcuni turisti stranieri. Devo ammettere che per me è una scommessa, visto che sia l’agenzia viaggi e sia la guida cartacea ne sapevano ben poco dell’arcipelago antistante la costa di Trang. Adoro, anche se in un posto così turistico come il Mar delle Andamane, un pizzico di “mistero” sulla destinazione. Le classiche isole della Thai ormai sono state fotografate, documentate e raccontate in tutte le salse, Koh Ngai invece no. Navighiamo veloci lungo la costa ovest di Lanta, quasi a ripercorrere a ritroso tutte le spiagge visitate in settimana; dal mare sembrano ancora più belle, ma soprattutto fa impressione la macchia di vegetazione che sembra in ogni istante voler fagocitare le poche strutture abitative. Comprare casa a Lanta è secondo me un vero affare, soprattutto in previsione di un inevitabile aumento di richiesta turistica della grande Cina.
In meno di un’ora doppiamo il faro a sud di Koh Lanta, sullo sfondo l’arcipelago del Parco Nazionale di Hat Chao Mai; uno scenario da favola, molto simile alla baia di Phang-Nga, il che non è da poco. Avvistiamo subito Koh Ngai, la più a nord dell’arcipelago; restiamo un po’ dubbiosi visto che nella piccola isola non si vede altro che roccia e vegetazione. Alzo gli occhi al cielo, già immaginandomi per quattro giorni appollaiato sopra uno scoglio. La nostra imbarcazione non accenna però a rallentare, anzi, mira a circumnavigarla; pochi minuti e sia apre davanti a noi uno scenario impressionante. Koh Ngai è una lunga spiaggia di sabbia color ghiaccio con una rada fatto di coralli che si estende per centinaia di metri conferendo al mare tutte le gradazioni del verde e del blu. Onestamente, mai visto tanta bellezza; di colpo viene istintivo fare il confronto con quanto visto a Lanta o nei viaggi precedenti, ma non esiste il minimo paragone. Il piccolissimo molo ci fa trasbordare su una long tail boat, presumo del nostro hotel; in un paio di minuti ci troviamo già in spiaggia davanti al bureau del Tanya Resort. Una spiaggia lunga un paio di km ospita qualche resort, ma non esistono strade, vie o strutture troppo commerciali; non ci sono negozi o locali, giusto il ristorante del resort che immagino catalizzerà la vita notturna. Una decina di bungalow “abbandonati” tra la giungla e il mare, tutti intorno ad una piscina e al ristorante; il bureau non è altro che una porta che funge più da cornice sul mare che altro. Il tempo di appoggiare i bagagli nel bellissimo eco-bungalow, per capire che siamo fuori dal pianeta Terra. Il silenzio è assordante, interrotto ogni tanto solo dal gridolino di qualche geco o dal richiamo di un bucero; l’aria profuma ovunque di magnolie e orchidee. Credevamo di essere gli unici pazzi che si sarebbero fermati in quest’isola, ma una breve chiacchierata con la responsabile del resort ci fa apprendere che ci sono famiglie che soggiornano qui anche più settimane consecutive.
E’ abbastanza emblematica l’assenza di altri italiani, a dispetto dei tantissimi francesi, tedeschi e nordici; al contrario la nostra speed boat era piena di connazionali diretti a Koh Lipe, ancora più a sud. Col passare dei giorni capiremo che la vita dell’isola si svolge solo sulla nuda spiaggia; bagni di sole e immersioni tra i coralli di giorno, passeggiate e jogging alla sera, cene a lume di candela – non solo per motivi di romanticismo, ma anche perché la corrente non è molto capillare – e nottate seduti in riva al mare a guardare le stelle. Koh Ngai s’inserisce in quel progetto di rallentare i nostri scellerati ritmi di vita; perché già Lanta ci aveva riportato in armonia con noi stessi, ma qua sembra di essere al culmine di un percorso anti stress. Alla fine queste vacanze in Thai posso considerarle come una salutare cura, perché posso coniugare sole, aria aperta, attività sportiva e cibo naturale; in pratica le due settimane di vacanza sono uno dei pochi periodi dell’anno dove il fisico ringrazia. Il nostro resort è davvero incantevole, popolato esclusivamente da coppie o da famiglie con bambini molto piccoli; guardo quei pupi abbozzare un primo bagnetto in piscina ed invidio i loro genitori. Perché meritano un encomio per il coraggio di andare tanto lontano con dei neonati al seguito; ma facendo attenzione non ho mai sentito particolari vagiti isterici o altro. E’ evidente che se i genitori si rilassano, anche i figli – qualsiasi sia la loro età – ne beneficiano di conseguenza; la cosa strana è che solo gli italiani girano senza prole – in tenera età – al seguito, un fenomeno curioso ma che dovrebbe far riflettere. Passeggiando lungo la battigia incontro altri resort, tutti molto eco come il nostro, ma il più carino risulta il Maya Lay Resort; un piccolo ristorante raccolto sotto delle grandi palme e a pochi passi dal mare rapisce la nostra curiosità. Finiremo per frequentarlo tutte le sere, sia per la bontà del loro pescato che per l’allegria e cordialità degli inservienti. Come si può capire la sera la si passa a tavola chiacchierando, magari facendo amicizia con altre giovani coppie provenienti in larga parte dal nord Europa; ma poi bisogna armarsi di pila per rientrare al bungalow, visto che il buio favorisce le passeggiate dei granchi in spiaggia.
Il giorno invece offre tanto, molto; a parte le ore passate in acqua ad ammirare la popolazione del reef, da Ngai sono possibili numerosissime escursioni alle isole vicine. Decidiamo di dedicare una giornata intera alle vicine Koh Kradan e Koh Muk. La seconda è famosissima per la Tham Morakot, o più semplicemente Grotta di Smeraldo. Partiamo a metà mattina con la solita long tail boat e in una mezz’oretta raggiungiamo l’imbocco della grotta; la marea è molto alta e l’entrata è davvero stretta. Fortunatamente il mare è molto calmo, non creando onde pericolose al suo interno; ci attrezziamo con pinne e giubbotto salvagente, giusto per non rischiare, e ci lasciamo guidare dal timoniere e da un giovane thai. Ci addentriamo nella buia grotta, dove le pareti umide e calcaree riflettono i raggi di luce creando effetti appunto color “smeraldo”. Ma il tunnel non è corto, anzi; per di più in alcuni punti l’acqua lascia non più di un metro dal soffitto. Non c’è comunque mai la percezione di essere in pericolo, anche perché il nostro barcaiolo fa strada con una pila in mano, evitando di farci impattare in qualche protuberanza rocciosa. La grotta si conclude con uno specchio d’acqua circondato da una spiaggia immacolata e da una fittissima vegetazione; ci troviamo in definitiva in un largo camino naturale all’interno dell’isola, dove il sole di mezzogiorno comincia a filtrare dall’alto. Siamo in non più di dieci persone all’interno, veramente suggestivo; il piccolo bacino, baciato dai primi raggi di sole, funge da caleidoscopio sulle pareti dell’isola. Restiamo una mezz’oretta, soprattutto decidiamo di abbandonare mestamente l’isola dopo che un serpente umano composto da decine e decine di chiassosi cinesi affiorasse dalla grotta. Ripercorriamo a ritroso il percorso, sconsolati dalla presenza di un’invasione gialla nell’isola; da non credere, ma il cordone umano già sulla spiaggia interna, continua all’interno della grotta, per poi proseguire fino ad un traghetto ancorato fuori. In pochi minuti non oso immaginare l’inferno che scateneranno; conscio della fortuna di aver avuto una perla delle Andamane tutta per noi, ripartiamo con la barca alla volta di Kradan. Le isole sono tutte vicine tra loro, quindi è possibile fare più escursioni senza troppo tempo impiegato nella navigazione.
Koh Kradan è una delle isole centrali dell’arcipelago, fornendo un panorama a pelo d’acqua non indifferente; potrei azzardare che per la conformazione dell’isola, possa essere considerata la gemella di Koh Ngai, con un mare a mio parere ancora più bello. In questa zona capisco che come ti muovi, incontri realtà sempre più belle; che meraviglia, ci lasciamo gli occhi e buona parte della memory card. Peccato che il barcaiolo abbia fretta di rientrare, sarebbe stato bello dormire anche qui; anche se obiettivamente non ho visto troppe strutture ricettive, se non qualche improvvisato bungalow in paglia. Allontanandoci ci voltiamo verso Kradan, guardando per l’ultima volta quel color ghiaccio del mare; quest’isola sarà senza dubbio la meta di un nostro soggiorno in Thai. Il rientro nella nostra Ngai è come passare da un paradiso all’altro; un banco di piccoli pesci “Nemo” accoglie il nostro sbarco; sospiro e mi ripeto, per l’ennesima volta, ma chi torna più a casa? I giorni trascorrono lenti e pieni, senza cellulari o televisione, senza giornali o altre fonti di informazione condizionata; gli unici problemi sono di sincronizzare le escursioni con le ore di snorkeling o con la variazione delle maree. Mi sdraio sulla spiaggia e affondo per l’ultima volta i piedi sotto la tiepida sabbia della sera, chiudo gli occhi e provo a imprimere i profumi dell’isola. Ho quasi paura a riaprirli, perché quando lo farà il tramonto avrà spento la nostra ultima giornata a Koh Ngai, almeno per quest’anno.
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giotto |
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