Abbiamo appena fatto una piccola sosta in albergo, quanto basta per rinfrescarci dalla lunga mattinata trascorsa a Canyonlands e per mangiare un boccone. Anche se oggi abbiamo sostato prevalentemente a vistapoint, il mix di caldo e vento ci ha fiaccato non poco. Meglio lasciare un’oretta alla Babi per riposarsi, tra poco dobbiamo “scalare” il Delicate Arch e non vorrei mi si inchiodasse sul più bello. Sono da poco passate le cinque di sera e, armati gli zaini con acqua, memory card e barrette energetiche, ci rimettiamo in moto alla volta dell’Arches National Park. E’ inutile nasconderlo, sono emozionato come uno scolaretto al primo giorno di lezione. La Main Street di Moab oggi sembra non finire più; per fortuna il ponte sul Colorado segna l’inizio del parco dei leggendari archi. Una ripida salita a zig zag e ci troviamo proiettati dentro al parco. I raggi del sole cominciano ad essere pericolosamente obliqui; talmente tanto che la Babi obietta se non sia troppo tardi per intraprendere il trail. Non voglio nemmeno sentirlo, ho atteso qualche anno per tornare qua e soprattutto ho esitato un’oretta per farla riprendere in hotel: nulla mi fermerà a costo di caricarmela in spalla. Teso per arrivare in tempo, appena imboccata la strada che attraversa l’area chiamata “Park Avenue” mi accorgo di quanto sia bello questo parco; alte pareti che cominciano ad avere i colori porpora del tramonto proiettano le loro lunghe ombre su di noi. Venni in questo parco nel lontanissimo 2002, ma è proprio vero che il bello non stanca mai. Accidenti quanto è lungo il parco, non l’avevo calcolato; ma la velocità imposta non ammette deroghe, vuole dire che mi godrò nel frattempo il panorama. Sfiliamo lungo Balanced Rock, ma non dicevano che era crollata? Sempre impressionante vedere un massiccio di tale stazza in equilibrio su un’altra roccia. Avrei voglia di rifermarmi ovunque e percorrere i piccoli trail che portano a Landscape Arch o alle North e South Window. Vorrei fare talmente tante cose che non mi basterebbero due vite; affascinante sarebbe stato arrivare a Klondike Bluffs e vedere i Marching Men. Polemicamente, mi viene da ridere al solo pensiero dei poveri turisti ignari di cosa si perdano sostando una sola notte a Moab.
Ma tra un pensiero e la paura che la notte ci colga di sorpresa arriviamo al parcheggio di Wolfe Ranch. Nel 2002 saltai questo trail, fidandomi di una guida che classificava il Delicate come un trail di tipo “difficile”. Per fortuna amici di Trento e Belluno mi hanno dato disco verde sull’escursione. Devo essere l’ultimo arrivato; dietro di noi non c’è nessuno; incoraggiante. In compenso il parcheggio è stracolmo. Ci mettiamo a correre con indosso gli zaini pieni di viveri; seguendo la mappa il percorso è di circa cinque km tra andata e ritorno, mentre la sera avanza sempre più. Qualche sali scendi sulla ghiaia ed eccoci davanti a noi una interminabile parete di roccia liscia; si intravedono piccoli gruppetti di escursionisti lungo il tragitto. Via, cuore in gola e polmoni aperti; un passo dopo l’altro e ad un ritmo forsennato cominciamo la scalata rimontando un poco alla volta alcuni escursionisti che erano avanti a noi. La Babi mi sorprende sempre più; vestita come Indiana Jones e con un pizzico di Lara Croft avanza a testa bassa senza fermarsi; in quasi due settimane di viaggio le ho fatto scalare mesa, ci siamo quasi persi a Coyote Buttes, abbiamo schivato rettili a Sedona e Kanab, l’ho catapultata nella sperduta Hole in the Rock. Forse potrebbe essere pronta per un futuro viaggio sempre nel southwest ancora più “approfondito”, ma è meglio non calcare la mano in questo preciso momento se non voglio andare all’arco da solo. Lungo questa interminabile parete è curioso osservare come molte persone si fermino e si cavino le scarpe pur di far raffreddare i piedi; noi sorridiamo e proseguiamo. Sappiamo entrambi che questi gireranno i tacchi e torneranno a casa; a tal proposito mi sincero sulla tenuta della mia compagna. Sicuramente l’escursione non è così difficile come viene sempre descritta, ma questa ripida e lunga salita (penso sia circa un km e mezzo) fiacchi chi non è ben allenato o versi in condizioni fisiche non idonee. Finita la parete si entra in un pianello fatto di sabbia rossa e rocce lisce, dove solo grazie a piccole pile di sassi si riesce a non perdere il filo del percorso. Curioso incontrare una troupe di una televisione asiatica, ridotta allo stremo sia per l’evidente mancanza di fisico che per l’eccessiva mole delle apparecchiature elettroniche. E’ un po’ come una corsa ad ostacoli fino alla meta, chi si ferma si autoelimina. A volte mi giro indietro per ammirare lo spettacolo dell’atmosfera di Arches; l’aria è profumata di Utah, una sensazione che solo viaggiandoci si riesce a comprendere. La strada di colpo sembra terminare; davanti a noi una stretta e inclinata balaustra di pietra con un piccolo strapiombo. Non ho più punti di riferimento, intesi come persone, avanti a me; camminiamo a vista, speriamo non manchi molto visto che il sole non concede deroghe.
Poche decine di metri e lo spettacolo si apre davanti a noi; mi giro verso la Babi, attardata di qualche passo e alzo le braccia in segno di vittoria. Siamo arrivati; il Delicate Arch è qui davanti. Scavalco un piccolo parapetto naturale e con molta cautela mi lancio alla sua base. Più lo guardo e più mi chiedo come faccia a stare in piedi; perfetto e fragile, elegante e imponente nel suo manto rosa pallido. Nel 2002 avevo ammirato l’arco da una mesa antistante, ricordo l’emozione; ma oggi è tutta un’altra cosa. Toccare con mano non è come affacciarsi ad una finestra, tutto qui. Davanti all’arco una piccola piattaforma di roccia sprofonda improvvisamente al centro, quasi fosse la bocca di un vulcano. Tutto intorno decine di escursionisti seduti ad ammirare lo spettacolo; qualcuno scrive le sue impressioni a caldo, quasi fosse un incontro galante. Altri, più turistici, si fanno scattare una foto sotto all’arcata; io comincio a girare fino a trovare le più disparate angolazioni di visuale. Ma camminare lì intorno non è facile; dietro all’arco ad esempio il pavimento fa un bel balzo nel vuoto. La cautela quindi è d’obbligo, anche se la frenesia è tanta. Riesco a scendere alla base della fossa del pianello, la vista dell’arco da sotto è stupefacente soprattutto perché il suo rosa contrasta con il blu sempre più scuro del cielo. Risalendo per la balaustra che ha mi condotto qua trovo una bella finestra naturale nella roccia che sembra incorniciare il Delicate; non facile arrampicarsi, ma la fantasia offre davvero tanti spunti qua. Nel frattempo la gente attorno all’arco è sempre di più, ma nessuno che ostruisca o ne impedisca la visuale. Credevo di essere in ritardo, ma a quanto pare l’appuntamento del tramonto a Delicate è un must; mi tranquillizzo e mi siedo con la Babi ad ammirarlo in un doveroso silenzio. E’ bello vedere come ci siano escursionisti di tutte le razze e nazionalità; ma di colpo gli ultimi raggi di sole colpiscono direttamente l’arco che assume per pochi minuti una colorazione a metà tra l’arancio e il rosso porpora: da cavare il fiato. Nessuno che si muova, nonostante il buio stia rubando la scena al tramonto, nessuno che provi a tornare al parcheggio quasi per paura che le sorprese non finiscano mai. Tanti sforzi e tanta fatica, ma questo viaggio ci sta regalando emozionidifficili da descrivere; ogni giorno riusciamo ad emozionarci come fosse il primo giorno d’America, e questo non è facile. Ma è ora di rientrare, non voglio far affrontare alla Babi, nel buio più pesto, la discesa sulla roccia liscia; oggi è andata già bene così, inutile volere altro. Perché vado spesso nel south west? Perché ogni giorno speso qua è un giorno di vita in più.
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giotto |
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